lunedì 16 giugno 2014

Un calcio in c.. ci salverà?






Quando ho trovato questa frase su Facebook mi è sembrata la classica boutade ad effetto.
Qualche giorno dopo ho provato sulla mia pelle che è vera e ora, quasi due mesi dopo, mi sento pronta a raccontarvi quest'esperienza con un po' di distacco e con il "senno di poi".

Come avrete notato negli ultimi tempi sono stata meno assidua sul blog, è nato il sito del mio lavoro e sono diventata una freelance a tutti gli effetti. Ho anche conquistato il mio primo cliente di un certo peso, una grande azienda che ha scelto me come ufficio stampa.
Wow, direte, bel periodo, ma attenta a non esaltarti!

Niente affatto, è stato un periodo molto sofferto, partito con un grande calcione nel didietro. 
Da tempo avevo una consulenza part time in un posto che ormai detestavo a causa del Grande Demente, un uomo di grande ignoranza e supponenza che aveva trasformato il mio lavoro una frustrazione unica. Da mesi mi stavo muovendo, anche mentalmente, per andare via e lui sapeva che facevo altre consulenze con la mia piccola partita Iva.

Finchè un giorno di fine aprile mi convoca nel suo ufficio, chiude la porta e mi fa una vera scenata minatoria. Ha scoperto che il mio curriculum e la mia figura professionale girano, che collaboro con un'altra agenzia che stava per prendere un grande cliente. (Il Rosicone probabilmente in cuor suo pensava che vivessi di aria e nel tempo libero mi dedicassi a incipriarmi il naso, invece ha scoperto che lavoravo per mettere insieme uno stipendio!).
Soluzione? Chiudermi in una stanza e farmi una scenata intimidatoria che neanche Totò Riina. Non sto ad andare nei dettagli ma ha rispolverato tutto l'armamentario del maschilista più becero e schifoso, cercando di farmi paura, di puntare sulle mie insicurezze, sulla paura di perdere il misero lavoro con lui, sul senso di colpa tentando di farmi apparire disonesta, di gridare al tradimento, alla delusione, all'approfittarsi della sua benevolenza. Ha  insinuato di sapere "cose sul mio conto", di avere il potere di distruggere la mia carriera, addirittura che il suo socio voleva insultarmi e lo aveva placato a fatica. 
Impazzito? No, semplicemente aveva paura che io mi affrancassi dal suo pollaio e tentassi di volare da sola. Sola e tapina, ma in grado di fargli paura, forse perchè so fare il mio lavoro, non vendo fumo e alcuni clienti gli avevano dichiarato di restare con lui solo perchè c'ero io.
Ha terminato con la dichiarazione di essere disposto a chiudere un occhio sul mio comportamento (ma dde che poi? se hai una partita iva è chiaro che lavorerai per più di un cliente), convinto di avermi riportato nei ranghi con il potere della sua persuasione e di aver difeso il suo territorio. Come un danzatore Maori che ha terminato la sua danza di guerra di fronte al nemico.

E io, in tutto questo? Ero così indignata e incredula per quelle minacce che sono rimasta quasi sempre zitta, ammutolita. Uscita da lì ho pianto dal nervoso, ho avuto bisogno di sfogarmi e confrontarmi con varie persone amiche, non ho mangiato e non ho dormito. Sentivo che la misura era colma, non potevo far finta di niente, avrei perso completamente la dignità e lui ne avrebbe approfittato ogni giorno. In quella lunga notte insonne ho detto basta, ho sentito senza dubbio che la mia dignità deve valere più di quei pochi soldi (e irregolari) che un cafone ignorante con un'Audi lunga come un carro funebre mi assicurava con il ricatto, sempre a cercare di svalutarmi perchè non mi montassi la testa. 
 "Meglio pane e cipolle - pensavo come un'eroina di Cime Tempestose - che continuare  a rodermi il fegato e a odiare il mio lavoro, che altrimenti amerei". Grazie anche al supporto di Paolo e dei miei, che mi hanno garantito che non sarei finita sotto un ponte con il mio pane e cipolle, il giorno dopo sono andata dal Grande Demente e gli ho detto che me ne andavo.
Ammutolito, balbettante, improvvisamente insicuro e vigliacco, ha provato a ritrattare tutto, a dire che avevo frainteso, bla bla bla, che era disposto a far finta che la nostra conversazione non fosse mai avvenuta, che mi scopriva con dispiacere permalosa e avventata, che lo diceva per il mio bene.  E invece no, me ne sono andata a testa alta. E lui ha confermato di essere un codardo, incapace di tenere le sue posizioni con coerenza di fronte a una persona che lo guarda negli occhi e gli dice no.

Così sono ripartita, arrabbiata, ferita, stanca di vivere in un Paese così dove i cretini prepotenti comandano sempre. Ma decisa ad andare avanti con grinta, a usare il calcio in culo appena preso per emanciparmi da una situazione di stallo e frustrazione.
Di notte mi capitava di svegliarmi in preda all'ansia, con il terrore di non farcela. Di giorno cercavo di agire: ho dato un'accellerata al sito, ho cercato di chiarirmi le idee e un pomeriggio, mentre fissavo la mia agenda vuota della settimana, ho sollevato il telefono per propormi a una grande azienda che sapevo aveva delle mie referenze positive. Con la consapevolezza di poter contare solo sulle mie forze ho pensato che dovevo propormi lasciando da parte le insicurezze, perchè nessuno mai sarebbe venuto a cercarmi per propormi un lavoro su un vassoio.

Dalla telefonata è nato un incontro, una trattativa commerciale che temevo di non saper gestire, e poi un contratto di un anno. Ora ho tanto lavoro e sto cercando di dare il massimo, ho finalmente un sito professionale e sto imparando a considerarmi una professionista, senza paracadute.
 Tutto è capitato così in fretta che non sono riuscita a prendere fiato, so di aver ricevuto un'occasione professionale e non voglio sprecarla; ogni tanto ho timori di vario genere ma cerco di dare il massimo.

I mesi passati a lavorare per il Grande Demente, con i suoi strafalcioni grammaticali e la sua grettezza, sbiadiscono man mano.
Ho incontrato tante persone in gamba in questo periodo, per la maggior parte donne. Dobbiamo imparare a credere in noi stesse, a non farci offuscare dalle insicurezze. La nostra determinazione è sufficiente a far crollare il castello di carte di tanti Grandi Dementi che formano la cultura machista di questo povero Paese e che cercano di tenerci ingabbiate.

Va a finire che devo ringraziare il Grande Demente per il calcio che mi ha assestato? No, questo mai.  Ringrazio di aver avuto la spinta a reagire e a credere in me stessa nonostante lui.  Ringrazio il momento in cui ho visto nel big fail un'occasione in cui buttarmi.
E ringrazio il supporto delle mie reti familiari e amicali, la Rete al Femminile di Torino e le grandi donne che ho conosciuto nel mesi scorsi grazie al Blog Lab e ai vari corsi che ho frequentato.

P.S: Perdonate la scrittura istintiva e sgrammaticata, ma questa storia mi smuove ancora tante emozioni e un livore non indifferente verso quest'uomo.